IPAZIA e il Brutto Anatroccolo
Giovanni Casi , autore della’articolo
Nella primavera del 1919 ho conosciuto Ipazia …Bandecchi (quando un autore di teatro si appropria di un personaggio storico, ne assume un po’ la paternità). All’epoca del liceo, avevo conosciuto la sorella più vecchia, Ipazia di Teone d’Alessandria, ma era stato un incontro fugace, un amoretto adolescenziale, senza approfondimenti, appena data e luogo di nascita, professione e poco più; del resto, come tutti gli adolescenti della mia generazione, essendo imbevuto di robusto e foruncoloso maschilismo, avevo considerato come non degna di considerazione, una donna bella e intelligente a livelli imbarazzanti.
Era stata quindi catalogata nell’archivio della memoria alla lettera I, giusto pronta per i cruciverba.
Quando quindi fui contattato da Alessandro Bandecchi che cercava un …sostituto per il ruolo di Sinesio di Cirene (vescovo, ricco, gaudente), lì per lì un po’ lusingato, un po’ incosciente ed anche incuriosito, dissi di sì. Chiaramente mi rendevo conto che, entrando in un gruppo già consolidato, con esperienza e in più con cinque mesi di prove alle spalle, non sarebbe stato facile, ma, per sopperire all’handicap iniziale, mi fidavo della mia memoria di studente di medicina che aveva “ingollato” tomi di migliaia di pagine.
Avuto il copione, ho cominciato a memorizzare la mia parte; mi sono presentato così alle prove con quei due tre discorsetti imparati a memoria, a pappagallo. I miei compagni però … “andavano che sembravano unti” (come si dice dalle mie parti): intonavano le battute, impostavano la voce, avevano la gestualità, mentre io, se parlavo non mi muovevo, se impostavo la voce mi scordavo le battute e a volte quando mi davano la battuta, mi bloccavo completamente nel pallone come Fantozzi. No, non era come studiare un capitolo di patologia medica. Mi sono sentito un po’ come suor Gertrude (la Monaca di Monza) … “e la sventurata rispose”, mi ero messo in un’avventura fuori della mia portata.
Stimolato dal regista, che vedeva in me qualcosa che tutt’oggi non so (oppure essendo io l’ultima possibilità per non sopprimere il Sinesio e amputare alcune parti dello scritto), spronato dall’orgoglio mi sono messo a testa bassa per recuperare il ritardo e, con l’aiuto di tutti i componenti ed in particolare con quello di Ipazia (al secolo Cordelia Palla), con la quale si svolgeva la maggior parte delle mie battute, pian piano mi sono messo in pari (quasi) con tutti gli altri, tanto da arrivare ad avere il nome in cartellone.
Devo dire anche che, mentre procedevo in questa attività, incuriosito da quel personaggio di grande spessore, mi sono messo ad approfondire le mie scarse conoscenze su di lei ed ho conosciuto eventi storici che una certa storiografia aveva cercato di rimuovere, per utilità politico ideologica; questa ricerca mi ha fatto capire la grandezza di questa donna così affascinante tanto da superare le barriere del tempo diventando, con la sua coerenza ed il suo sacrificio simbolo della libertà di pensiero, della laicità del sapere scientifico e delle nefandezze che sono state compiute nel nome del dogma, di qualunque natura esso sia.
Lentamente, ma progressivamente, ho raggiunto (anche con l’aiuto di ripetizioni… private da parte del regista) il livello sufficiente per andare in scena, tanto che ho pensato alla fiaba del “brutto anatroccolo”: stai a vedere che…
Comunque, siamo arrivati al gran finale con ben due rappresentazioni ed un pubblico numeroso. Il lavoro è piaciuto e gli attori sono stati apprezzati.
A questo punto dovrebbero scorrere i titoli di coda con i ringraziamenti a tutti i miei compagni di viaggio teatrale, quindi … come da cartellone …
Ah, dimenticavo… il “brutto anatroccolo” è cresciuto, ma non è diventato cigno, solo un’anatra più grande.
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